Per l’inizio lasciamo quanto ci ha detto padre Matteo:
"… ero assistente nazionale della Gioventù Mariana, quando accettai di fare il parroco a Casamaina; mentre stavo lì capitò il primo giovane: Danilo.
C'era la neve e il papà mi lasciò questo figlio.
Danilo aveva un processo e il Giudice aveva detto: o trovi una Comunità che l'accetti in affidamento o deve stare in carcere.
Feci al giudice una attestazione che me ne sarei occupato io, in attesa di trovare una Comunità. Poi è successo che in quella settimana arrivarono altri giovani.
Ricordo i primi sacrifici: molte mattine ci alzavamo presto per andare a Roma e portare all'ospedale "Bambin Gesù" due che erano sieropositivi: c'erano le Figlie della Carità, molto brave, che col primario degli infettivi si presero cura di loro.
Abbiamo iniziato così: con la legna portata da un "ubriacone", il caro Luigi, e la mortadella e il pane delle anziane del paese.
Dopo un mese eravamo arrivati a sei/sette giovani e così ben presto lì, Casamaina, diventò troppo stretta.
Ci chiedevamo il da farsi. Io dicevo: "Facciamo un Centro di Prima Accoglienza, almeno possiamo accogliere tra noi tanti altri che stanno ancora per strada, poi cercheremo una comunità che li accolga".
Verso aprile del 1991, ricevetti una telefonata da mio fratello don Giorgio: mi diceva che la Diocesi di Anagni aveva una struttura a Trivigliano, la "Casa del Fanciullo" da mettere a disposizione per scopi umanitari.
Data la necessità di dare ai ragazzi che avevo accolto un ambiente più spazioso e idoneo accettai la proposta e così venimmo a Trivigliano.
Il nome che scelsi fu "Comunità In Dialogo", perché dialogare ci toglie dalla solitudine, ci fa compagni di cammino, ci arricchisce…
Ciò che partì da quei primi mesi, ora è sotto gli occhi di tutti".
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